Descrizione
La Mozzarella Schiavone di Latte di Bufala
Mozzarella di Bufala
Disponibile in formati da:
150g., 250g., 500g., 1kg., 2kg., 3kg.
Scheda prodotto
Ingredienti: latte di bufala, caglio, sale. Mozzarella di Bufala
Valori nutrizionali medi per 100 g di prodotto Mozzarella di Bufala
Energia | 272 Kcal / 1001 KJ |
Grassi di cui acidi grassi saturi |
21 g 14 g |
Carboidrati di cui zuccheri |
1,1 g < 0,5 g |
Proteine | 13 g |
Sale | 0,28 g |
La mozzarella di bufala Schiavone di Latte di Bufala è un formaggio fresco a pasta filata ottenuto dalla caseificazione del latte di bufala (Bubalus bubalis), originario della zona che i romani chiamavano Campania Felix e più precisamente Terra dei Mazzoni.
Le origini
La mozzarella è un formaggio fresco, prodotto con latte di bufala.
Essa deve il suo nome all’operazione che effettua il casaro quando, mozzando i singoli pezzi dal lungo nastro di pasta filata, forma appunto le mozzarelle.
Storicamente parlando, l’origine di questo tipo di latticino si perde nella notte dei tempi.
Già Plinio il Vecchio in epoca romana nella sua Naturalis Historia esaltava il “laudatissimum caseum” del Campo Cedicio, oggi identificabile con la Piana dei Mazzoni che si estende fra Mondragone, Castel Volturno ed altre zone del Volturno. I bufali si diffusero con sorprendente facilità andando a sfruttare al meglio quei pascoli altrimenti improduttivi per la periodica e spesso totale invadenza delle acque del fiume. Nel XVI secolo la fascia compresa fra l’Appia e il mare, dal Massiccio del Massico a Villa Literno venne popolandosi di centri di allevamento, le cosiddette “pagliare o procoi ” ed assunse il nome caratteristico di “Mazzone delle Rose “la stessa già da Carlo d’Angiò denominata “maison de roses”.
Tale zona dà vita ai nostri giorni a fiorenti allevamenti di bufali e produzione di ottimi latticini di bufala.
È ovvio che al tempo del naturalista romano si trattava di prodotti vaccini! Solo successivamente, con la caduta dell’impero romano sarebbe venuta meno tutta la rete organizzativa in ogni settore e con essa anche la manutenzione dell’alveo dei fiumi.
L’impaludamento di vaste plaghe di pianure ne fu l’immediata conseguenza e così come la Piana dei Mazzoni, anche la Piana del Sele divenne l’habitat più idoneo ad ospitare l’allevamento del Bubalus bubalis, meglio noto come bufalo. Un bovino dotato di ampi zoccoli che gli impediscono di affondare nel fango, di indole molto pacifica, massiccio di corporatura, scuro di colore e di pelo corto, uso a vivere in terreni paludosi, nei cui fanghi si rotola per rinfrescarsi la pelle carente di ghiandole sudoripare, per difendere la stessa dalla eccessiva calura dei raggi solari e per ristabilire in definitiva il proprio equilibrio termico.
Bubalus bubalis
Questo animale nell’alimentazione è molto parco, deve solo essere messo in condizione di scegliersi l’erba su vasti terreni tra acquitrini e paludi ove mangia ogni vegetale che trova e che anzi, acclimatandosi in queste paludi come nel luogo più ideale, permise allora e permette ora di trarre notevoli profitti economici là dove ogni altro bestiame soffriva né c’erano ulteriori alternative agricole valide. Non è un caso dunque che le carte più antiche ne attestino la presenza in quelle località ove erano disponibili enormi quantitativi di acqua. Oltre alle sopra menzionate foci del Garigliano, del Volturno e del Sele, questo tipo di bovini erano stanziati altresì nelle zone meridionali della Pianura Pontina del Lazio ed infine sulle rive dei laghi di Lesina e di Varano in Puglia.
Sul come i bufali siano pervenuti da noi è ormai una molto “vexata quaestio”: secondo varie ipotesi, ci sarebbe stata una precisa linea di discendenza dei nostri esemplari da quelli asiatici, con i quali hanno in comune anche una notevole somiglianza fisica. Lo spostamento ci sarebbe stato al tempo delle migrazioni preistoriche ed i bufali avrebbero trovato facile adattamento in zone dal clima temperato e con abbondanza di acqua.
Alessandro Magno li notò già in Persia, e solo successivamente, forse anche al seguito dell’espansione islamica, furono portati prima in Siria e poi in Egitto sul Delta del Nilo.
Recenti studi condotti comparativamente sul DNA di elementi europei ed indiani hanno tuttavia escluso tale diretta parentela sostenendo invece che si tratterebbe di un ceppo bovino autoctono, discendente diretto dei bufali diffusi nel quaternario in tutto il Mediterraneo, dal Danubio al Delta del Nilo.
Oggi, in base ai dati del Censimento del 1995 nell’area delimitata dal Disciplinare che regola la produzione della mozzarella di bufala, vivono 160.000 capi, veramente pochi se rapportati ai 92 milioni dell’India ed ai 22 milioni del Pakistan, ove il clima caldo – umido è ideale per il loro allevamento.
Un dato resta incontestabile: la bufala allevata in Italia rappresenta l’evoluzione della specie inscindibile dal suo prodotto. Dalla sua comparsa nelle nostre plaghe inoltre essa non ha subito influenze da parte di altri genotipi e pertanto si pone come un raro esempio di “purezza di razza” per cui a buon diritto si può definirla con la denominazione di “Bufala Mediterranea Italiana“.
Non si sa bene da chi i bufali furono introdotti in Italia: secondo alcuni dai Longobardi fra il VI e il X secolo. Secondo altri dagli Arabi insediatisi prima in Sicilia e poi in una loro roccaforte, un vero e proprio Ribat, creato alla foce del Garigliano da dove essi partivano in frequenti scorrerie in Italia Centrale e Meridionale, dal Granducato di Spoleto a tutta la Puglia.

A Castel Volturno, così come nella Reggia di Carditello, esisteva già una “vaccheria Reale” che produceva i latticini di bufala. Al Sud già dal Medioevo si consumavano tutti i prodotti caseari che oggi sono di largo consumo, ed era già chiaro un quadro per quanto riguarda il riconoscimento delle varie zone di produzione tra le quali, la più famosa era la mozzarella “dei Mazzoni” e, quindi, la mozzarella di Castel Volturno, Aversa, Mondragone, Carditello e tutta la provincia di Caserta e Napoli, compreso il basso Lazio nonché la mozzarella della Piana del Sele, quindi della provincia di Salerno, Paestum, Battipaglia fino a Foggia, zone conosciute a quei tempi come oggi per l’antica produzione casearia.

Il consumo della mozzarella era già diffuso nel XII secolo e, verso la fine del XVIII secolo, Carlo III di Borbone incentivò la realizzazione di un grosso allevamento bufalino e di uno dei primi caseifici sperimentali della storia nella Reggia di Carditello (Ce), la tenuta di caccia dei regnanti spagnoli. Durante la dominazione spagnola, quindi, la mozzarella diventò un prodotto di largo consumo.Dalla metà del 1700 fino all’unità d’Italia, la produzione dei prodotti bufalini nel meridione d’Italia corrispondeva ad uno dei primi esempi di industria casearia d’Europa, ed era in continua crescita rientrando nei progetti illuministici d’Industrializzazione dell’epoca.
Dal 1861 al 1871, come tutta l’industria meridionale dell’epoca, anche la produzione della mozzarella di bufala si fermò. Vennero dismesse molte pagliare e fu abbandonata Carditello. La Campania e l’Italia persero uno dei primi esempi in Europa di industrializzazione casearia e la produzione ebbe un lento declino fino agli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, che portò l’industria bufalina quasi a scomparire.
In epoca Murattiana, nel 1811, solo nell’area Capuana si registravano 7800 capi bufalini, che si ridussero a 2422 nel 1868. All’inizio del 900 i capi bufalini nella sola Campania erano 20.000 e si ridussero quasi del 50% in seguito alle bonifiche in epoca fascista. In seguito i dati del censimento del 1930 in Italia accertarono 15.016 bufali di cui 11.365 in Campania, 1750 nel Lazio, 1591 nelle Puglie, e 221 in Lucania. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la situazione andò peggiorando e il patrimonio bufalino era stimato intorno ai 12.000 capi fino ad arrivare al rischio di estinzione nel 1950.
Oggi grazie al lavoro degli imprenditori e degli agricoltori Campani e meridionali, ai bufali mediterranei ripresi e cresciuti di numero, ne è stata riconosciuta l’unicità come razza, non avendo nei millenni mai avuto incroci con esemplari dello stesso tipo nel mondo.

Ad oggi, la mozzarella risulta essere il più importante marchio Dop del mezzogiorno, il quarto prodotto a livello nazionale per produzione e il terzo tra i formaggi Dop, nonché uno dei prodotti italiani più apprezzati e conosciuti in tutto il mondo. Infatti, una considerevole parte (18%) della produzione totale viene venduta all’estero soprattutto nei paesi europei, ma anche in Russia, Stati Uniti e Giappone. Negli ultimi anni si è verificato un significante incremento nella produzione, con una media di 33mila tonnellate prodotte ogni anno. È stato appurato che nel 2018 sono state prodotte quasi 50mila tonnellate di mozzarella di bufala , con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. L’export si è aggirato intorno al 33% (+1% sul 2017), e avviene principalmente verso paesi quali Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Spagna e Paesi Bassi).
Fonte: Comune.Castelvolturno
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Armando Marrassi –
Ho effettuato un ordine dal sito il martedì mattina, ed ho ricevuto la mozzarella il giorno dopo. Il prodotto si presentava ben confezionato, e all’apertura ha sprigionato subito un profumo fantastico. Consistenza e sapore davvero eccellenti! Da provare gli altri prodotti assolutamente! Mi hanno anche regalato delle ricottine di bufala. Anch’esse molto apprezzate!
Caseificio Schiavone –
Grazie Armando. Ci fa piacere leggere che apprezzi i nostri prodotti. Ci impegniamo ogni giorno per offrire il meglio.
Enza Spasiano –
Vivo al nord, ma sono di origini Campane. Ordine inviato martedì. Pacco arrivato ieri (mercoledì). Prodotti freschissimi e profumatissimi. Che emozione!!
Mirko –
Che squisitezza! Ogni volta che ordino la mozzarella sul vostro sito la aspetto come un bambino aspetta Babbo Natale! Il cibo, quello BUONO, ti cambia la giornata!
Renato Renzi –
La migliore mozzarella di Bufala secondo me!
Barbara –
Mozzarella di Bufala di altissima qualità! Arrivata appena 24 ore dall’ordine. Sono super soddisfatta!